giovedì 25 giugno 2009

LA NOTTE DI DIO


Una favola nata in ospedale.




Un giorno all'inizio del mondo, l'uomo si presentò davanti a Dio per chiedergli di far sparire il dolore dalla faccia della terra. L'uomo aveva un figlio ammalato e non poteva sopportare di vederlo soffrire così.

"Il dolore é quanto di più ingiusto tu abbia mai creato sulla terra" disse con voce dura.

Dio spalancò gli occhi per la sorpresa e rispose pacatamente: "Figlio mio, io non posso proprio fare niente. Non l'ho creato io, il dolore. Nel mondo, così come era uscito dalle mie mani, esso non c'era. Ne sono ben sicuro perché, quando ho contemplato tutto quello che avevo creato, ho visto che tutto era buono. Stai attento a non attribuire a me quello che hai fatto tu. Sei tu che hai introdotto il disordine, e di conseguenza il dolore, nel mondo".

L'uomo chinò il capo confuso, farfugliò qualche parola dalla quale si capiva che, in fondo sì, ammetteva di avere qualche colpa, ciò nonostante rinnovò la sua richiesta, tra le lacrime: "Se non vuoi farlo per me, fallo almeno per mio figlio! Lui non ha colpa alcuna, non é giusto che soffra così".

Dio ebbe compassione del pianto dell'uomo e rispose: "Va, figlio mio, va in pace, ché qualcosa posso fare. Va a dormire tranquillo e torna da me domani".

Dio rimase solo e, nella notte, nella solitudine immensa del creato addormentato, giunse le mani come una coppa e vi raccolse tutto il dolore del mondo. Poi si portò quella coppa alle labbra e la bevve, fino alla feccia. Il dolore gli straziò le carni, gli penetrò fino in fondo nel cuore. Nel cuore di Dio si svolse una lotta tremenda, tra il dolore e l'amore. Dio si sentì venire meno e pianse. Il cuore divino divenne come una grande tinozza, colma di lacrime che lavarono il dolore, lo purificarono, gli tolsero ogni bruttura.

La mattina dopo, quando l'uomo tornò da Dio, si spaventò nel vederlo così pallido, così provato, ma non gli chiese nulla, preferiva non sapere quello che era successo.

Dio parlò al dolore, in presenza dell'uomo, e gli disse: "Va, figlio mio, torna sulla terra, non più segno di maledizione, ma di benedizione perché io ti concedo il potere di purificare il cuore dell'uomo cosicché, chi ti accoglierà nel mio nome, possa diventare una creatura nuova, primizia di una nuova creazione". Poi parlò all'uomo e gli disse: "D'ora in poi, non ti domandare più il perché del dolore, ma guardane i frutti".



(da Noi giocheremo in eterno, Ancora 2000)






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