lunedì 29 giugno 2009

LETTERA AI GENITORI

Per chi ama i suoi figli.


La famiglia é una vocazione.

La prima vocazione di cui voglio parlarvi é la vostra, quella di essere marito e moglie, papà e mamma.
Perciò la mia prima parola é proprio per invitarvi a prendervi cura del vostro volervi bene come marito e moglie: tra le tante cose urgenti, tra le tante sollecitazioni che vi assediano, mi sembra che sia necessario custodire qualche tempo, difendere qualche spazio, programmare qualche momento che sia come un rito per celebrare l'amore che vi unisce.
L'inerzia della vita con le sue frenesie e le sue noie, il logorio della convivenza, il fatto che ciascuno sia prima o poi una delusione per l'altro quando emergono e si irrigidiscono difetti e cattiverie, tutto questo finisce per far dimenticare la benedizione del volersi bene, del vivere insieme, del mettere al mondo i figli e introdurli nella vita.
L'amore che vi ha persuasi al matrimonio non si riduce all'emozione di una stagione un po' euforica, non é solo un'attrazione che il tempo consuma. L'amore sponsale é la vostra vocazione: nel vostro volervi bene potete riconoscere la chiamata del Signore. Il matrimonio non é solo la decisione di un uomo e di una donna: é la grazia che attrae due persone mature, consapevoli, contente, a dare un volto definitivo alla propria libertà. Il volto di due persone che si amano rivela qualcosa del mistero di Dio.
Vorrei pertanto invitarvi a custodire la bellezza del vostro amore e a perseverare nella vostra vocazione: ne deriva tutta una concezione della vita che incoraggia la fedeltà, consente di sostenere le prove, le delusioni, aiuta ad attraversare le eventuali crisi senza ritenerle irrimediabili. Chi vive il suo matrimonio come una vocazione professa la sua fede: non si tratta solo di rapporti umani che possono essere motivo di felicità o di tormento, si tratta di attraversare i giorni con la certezza della presenza del Signore, con l'umile pazienza di prendere ogni giorno la propria croce, con la fierezza di poter far fronte, per grazia di Dio, alle responsabilità.
Non sempre gli impegni professionali, gli adempimenti di famiglia, le condizioni di salute, il contesto in cui vivete, aiutano a vedere con lucidità la bellezza e la grandezza della vostra vocazione. E' necessario reagire all'inerzia indotta dalla vita quotidiana e volere tenacemente anche momenti di libertà, di serenità, d preghiera.
Vi invito pertanto a pregare insieme: una preghiera semplice per ringraziare il Signore, per chiedere la sua benedizione per voi, i vostri figli, i vostri amici, la vostra comunità: qualche Ave Maria per tutte quelle attese e quelle pene che forse non si riescono neppure a dire tra di voi.
Vi invito ad aver cura di qualche data, a distinguerla con un segno, come a una visita a un santuario, una Messa anche in giorno feriale, una lettera per dire quelle parole che inceppano la voce: la data del vostro matrimonio, quella del battesimo dei vostri figli, quella di qualche lutto familiare, tanto per fare qualche esempio.
Vi invito a trovare il tempo per parlare tra voi con semplicità, senza trasformare ogni punto di vista un puntiglio, ogni divergenza in un litigio: un tempo per parlare, scambiare delle idee, riconoscere gli errori e chiedervi scusa, rallegrarvi del bene compiuto, un tempo per parlare passeggiando tranquillamente la domenica pomeriggio, senza fretta. E vi invito a stare per qualche tempo da soli, ciascuno per conto suo: un momento di distacco può aiutare a stare insieme meglio e più volentieri.
Vi invito ad avere fiducia nell'incidenza della vostra opera educativa: troppi genitori sono scoraggiati dall'impressione di una certa impermeabilità dei loro figli, che sono capaci di pretendere molto, ma risultano refrattari a ogni interferenza nelle loro amicizie, nei loro orari, nel loro mondo.
La vostra vocazione a educare é benedetta da Dio: perciò trasformate le vostre apprensioni in preghiera,meditazione, confronto pacato. Educare é come seminare: il frutto non é garantito e non é immediato, ma se non si semina é certo che non ci sarà raccolto. Educare é una grazia che il Signore vi fa: accoglietela con gratitudine e senso di responsabilità. Talora richiederà pazienza e amabile condiscendenza, talora fermezza e determinazione, talora, in una famiglia, capita anche di litigare e di andare a letto senza salutarsi: ma non perdetevi d'animo, non c'é niente di irrimediabile per chi si lascia condurre dallo Spirito di Dio.
E affidate spesso i vostri figli alla protezione di Maria, non tralasciate una decina del rosario per ciascuno di loro: abbiate fiducia e non perdete la stima di voi dei vostri figli. Educare è diventare collaboratori di Dio perché ciascuno realizzi il disegno di Dio.

L'educazione:collaborazione alla gioia dei figli.

La gioia che desiderate per voi e per i vostri figli é un misterioso dono di Dio: giunge a noi come la luce amica delle stelle, come una musica lieta, come il sorriso di un volto desiderato. La collaborazione che i genitori possono offrire alla gioia dei figli é l'educazione cristiana. L'educazione non é un meccanismo che condiziona, ma l'accompagnamento di un giovane alla libertà perché se vuole, giunga al suo compimento nell'amore.
Educare é quindi un sevizio umile, che può conoscere il fallimento; é però anche un'impresa formidabile di cui un uomo e una donna possono gioire con inesprimibile intensità.
L'educazione cristiana é il paziente e tenace lavoro che prepara il terreno al dono della gioia di Dio. Infatti la luce delle stelle non si vede se il bagliore sfacciato delle luminarie nasconde la notte,la musica lieta non avvolge di consolazione quando il frastuono del rumore é assordante e non si ha tempo per un volto amico nella eccitazione di una folla in delirio. Per disporre alla gioia é dunque necessaria una purificazione che non va senza fatiche.
Voglio alludere almeno ad alcune purificazioni che mi sembrano particolarmente necessarie oggi.
La purificazione degli affetti significa introdurre alla gioia che é sconosciuta a chi immagina il rapporto tra l'uomo e la donna come una via per ridurre l'altro a strumento per la propria gratificazione e rassicurazione: allora gli affetti degenerano a passione, possessività, sensualità.
Lo spirito di servizio e la disponibilità al sacrificio introducono alla gioia che si rallegra di vedere gli altri contenti, le iniziative funzionare bene, le comunità ordinate e vivaci. E' una gioia sconosciuta a chi impigrisce nell'inconcludenza.. Come mi stringe il cuore nel considerare lo sperpero di tempo, di risorse giovani e affascinanti, di intelligenza e denaro che vedo compiersi da parte di tante compagnie dei nostri ragazzi! Come é urgente reagire all'inerzia e alla malavoglia per edificare una vita lieta!
La purificazione dalla paura del futuro é urgente per introdurre alla gioia della definitività. Una vita si compie quando si definisce in una dedizione: la scelta definitiva deve essere desiderata come la via della pace, come l'ingresso nell'età adulte e nelle sue responsabilità. Siano benedetti quei genitori che con la fedeltà del loro volersi bene insegnano che la definitività é una grazia e non un pericolo da temere, né una limitazione della libertà da ritardare il più possibile. Pericolosa e fonte di inquietudine é invece la precarietà, la provvisorietà, lo smarrimento che lasciano un giovane parcheggiato nella vita, incerto sulla sua identità e spaventato del suo futuro.
Voi genitori sentite la responsabilità di provvedere alla felicità dei vostri figli: siete disposti a concedere molto, talora anche troppo, "purché lui sia contento".
Questo diventa motivo di ansia, di sensi di colpa, di esasperazione quando non riuscite a ottenere dai figli che assumano, condividano le vostre indicazioni, quando risultano impraticabili le proposte che sembrano tanto ovvie ai preti, agli insegnanti, agli esperti che scrivono sui giornali.
A me sembra che sia più saggio considerare che i genitori non sono colpevoli di tutti gli errori e l'infelicità dei figli, di tutto lo squallore di certe giovinezze sciupate nell'inconcludenza o nella trasgressione: E' eccessivo che un papà e una mamma si sentano colpevoli di tutto: é più prudente e rasserenante condividere la responsabilità dentro una comunità.
Quando avete portato il vostro bambino in Chiesa per chiedere il Battesimo avete dichiarato la vostra fede nel Padre che sta nei cieli e la vostra decisione che il figlio crescesse nella comunità cristiana.
Mi sembra che una conseguenza coerente della scelta di chiedere il battesimo per i propri figli sia un'opera educativa che si preoccupi di inserire in una comunità, di promuovere la partecipazione, di insinuare nei ragazzi e noi giovani un senso di appartenenza alla comunità cristiana in cui si educa alla fede, alla preghiera, alla domanda sul futuro. Una famiglia che si isola, che difende la propria tranquillità sottraendosi agli appuntamenti comunitari risulta alla fine più fragile e apre la porta a quel nomadismo dei giovani che vanno qua e là assaggiando molte esperienze, anche contraddittorie, senza nutrirsi di nessun cibo solido.
Ritenere irrinunciabile la partecipazione alla Messa domenicale introduce a una mentalità di fede che ritiene che senza il Signore non si può fare niente di buono.
Carlo Maria Card.Martini
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