La felicità é vocazione di tutti, ogni uomo é chiamato ad essere felice, ma questa inclinazione naturale, posta nell'intimità dell'essere umano, poche volte viene realizzata; sembra che la felicità non sia di questo mondo, é come un impossibile necessario, ma sempre ricercato.
Eppure molte persone, hanno scelto la felicità anche in situazioni critiche come la perdita del posto di lavoro, l'incendio della casa, il furto dell'auto, e persino di fronte alla malattia e alla morte: propria e altrui, specie se di una persona cara; e scegliere la felicità in queste circostanze non vuol dire tuttavia che non provino tutti gli altri sentimenti umani, come l'umiliazione, la tristezza, la delusione, l'angoscia, la sofferenza...ma nell'intimo sanno che é il momento di ricorrere all'amore: soltanto l'amore autentico costruisce la felicità. E parlare dell'amore é parlare del dolore: fra l'uno e l'altro si stabilisce una certa reciprocità. Purtroppo oggigiorno accade che ci si concentri nella ricerca di surrogati dell'amore come, appunto il sesso, i soldi, il successo; e ci si comporta come i bambini in un negozio di giocattoli, convinti che la felicità dipenda dall'avere, soltanto per noi stessi, ogni cosa alla nostra portata: per esempio il successo o la fama per se stessa.
Ma cosa constatiamo? Constatiamo tutti i giorni come gli uomini famosi d'oggi, siano profondamente infelici, soprattutto quelli che si dedicano al cinema, al teatro, ecc. Colui che raggiunge il successo deve avere la maturità emozionale per saper smaltire adeguatamente l'esaltazione di cui é oggetto.
Inoltre il personaggio famoso é costantemente il bersaglio di molte persone, viene seguito troppo da vicino e quindi giudicato con maggior minuziosità. Una celebre attrice diceva di sé: "Che buffa la vita; ho impiegato tanti anni a farmi conoscere ed ora che sono nota cammino per strada con occhiali scuri, sperando che non mi riconoscano".
Per quanto riguarda il sesso che non porti alla felicità lo dimostra la considerazione che in una società come quella moderna in cui vige il culto del "sesso libero" assistiamo ad una vera e propria esplosione di malattie psicosessuali mai verificatesi nei tempi addietro.
E i soldi? Quando alla fine del secolo scorso Freud si fece il regalo del libro ILIAS dell'archeologo Schliemann, si interessò in modo particolare al racconto dell'infanzia dell'autore, contenuto nell'introduzione: e alle prime idee infantili di Schliemann sul desiderio di trovare Troia, che più tardi si sarebbe realizzato con la scoperta della civiltà cantata da Omero, così commentò: "Quando egli trovò il tesoro di Priamo fu felice, perché l'unica felicita possibile é la soddisfazione di un desiderio infantile". E aggiunse una definizione lapidaria: "La felicità é la soddisfazione postuma di un desiderio preistorico. Questa é la ragione per cui le ricchezze apportano così poca felicità: il denaro non é un desiderio dell'infanzia".
Ma a parte la definizione freudiana, una buona definizione della felicità dal punto di vista psicologico é la seguente: "Uno stato mentale in cui abbiamo pensieri piacevoli per buona parte del tempo". E la definizione psicologica che conosca é un'altra: "La felicità sta nel darla".
Ed é vero, ciascuno di noi, se prova a ricordare quali siano stati nella propria vita i momenti di felicità, si accorgerà che sono stati quelli in cui ci siamo dimenticati per gli altri. Abbiamo soltanto la felicità che abbiamo dato.
La moderna psicologia ha confermato che la salute mentale sta nell'autoblio, nel dimenticarsi. E l'altruismo conduce proprio a questo: perché non solo allontana la mente dall'autoesame e dall'introspezione di noi stessi, dei nostri limiti, dei nostri errori, dei nostri problemi (tutto ciò che costituisce i nostri pensieri sgradevoli), e ci trattiene dall'inorgoglirci per la nostra "bontà": ma ci dà la possibilità di esprimere noi stessi creativamente, di soddisfare noi stessi aiutando gli altri, realizzando con ciò la nostra vera vocazione.
Uno dei pensieri più gradevoli per ogni essere umano é quello di sentirsi necessari, importanti, e capaci abbastanza da poter aiutare gli altri e renderli felici. Eppure forte é l'illusione che soltanto ottenendo qualcosa dall'esterno si può essere felici: comunemente si pensa che ottenendo qualcosa si può essere appagati - appunto i soldi, il successo o il sesso, come abbiamo visto -; ma potrebbe trattarsi di una nuova auto, di un nuovo partner, di un viaggio, o di una delle infinite proposte del mondo edonistico e consumistico. Se però questo qualcosa non lo raggiungiamo, avremo la sensazione che la felicità sia uno stato irraggiungibile.
Invece la felicità é una decisione e una scelta interiore, e non deve avere niente in comune con gli eventi del mondo esterno. Senza dubbio la forma più elevata di gioia e di felicità sta nell'atto di donare il nostro amore e di aiutare l'altro lungo cammino della vita, ricordandosi sempre che "donare é ricevere". De Garaude diceva: "Dare é amare, ricevere é imparare ad amare".
Pasquale Ionata
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